per verificare tutte le vene
PASQUALE PINTO, LA TERRA DI FERRO
per aprire un dialogo di sguardi
perché da qualche parte si dice
le parole non servono più.
[…] O c’è qualcuno
che ha imparato a vivere senz’occhi
senza cuore per la sua terra
che confina coi pali nelle radici?
Quale tipo di relazione sviluppa con la sua città chi è nato a Taranto e si ritrova a vivere altrove?
La risposta non è lineare. L’emigrazione è costituita da fratture, tensioni, conflitti, nostalgie difficilmente riassumibili. In questo campo, formulazioni generali e astratte sono insidiose e poco utili.
Partiamo, quindi, da noi, dalle nostre vite e da un nostro sentire comune.
Siamo nati e cresciuti a Taranto. Abbiamo fatto parte di collettivi e movimenti, partecipato alla vita sociale della città, alle mobilitazioni per la giustizia sociale e ambientale. Viviamo adesso lontani dalla città per ragioni di lavoro, affettive o, semplicemente, per immergerci in altri contesti.
Eppure Taranto rimane una presenza costante nelle nostre vite. Come tutti gli emigrati, abbiamo un rapporto ambivalente con la nostra città di origine. Abbiamo deciso di costruire questo blog, puntapenna, per scrivere di Taranto.
È possibile parlare della città osservandola da fuori?
« Citte da fore! », potrebbe dire qualcuno. È un rischio che ci assumiamo. Ma dal nostro punto di vista la risposta è positiva, a patto di non avanzare pretese di oggettività o finalità pedagogiche, tipiche di chi, osservando un contesto da fuori, pretende di avere un punto di vista più qualificato rispetto a chi è immerso nella contesa.
Perché puntapenna?
Ci piace pensare che il percorso del ponte – che lambisce la città ionica, scorre ai margini per poi tuffarsi all’interno del suo centro cittadino o, viceversa, sfugge velocemente fuori, verso nord – parli alle nostre biografie e possa raffigurare il nostro rapporto con la città, sfuggente ma allo stesso tempo sempre presente. Vogliamo scrivere di Taranto e del mondo, immergendoci nei problemi e nei conflitti, osservandoli dai margini.
Un percorso che ci ricorda molto quello del puntapenna, che conduce dentro e fuori Taranto, scorre per un tratto sopra la città e – di lato – osserva il Mar piccolo per poi accarezzare la periferia nord e la zona industriale.
1977. È l’anno in cui il Ponte Punta Penna Pizzone è stato inaugurato. A nostro avviso un anno paradigmatico. Se non sai come si fa, chiedi a ‘77 cantano i CCCP: è l’anno dell’insurrezione dei movimenti autonomi. Un anno ricco, complesso, contraddittorio, denso. Per noi i movimenti sociali e politici sono una ricchezza imprescindibile per Taranto e per il mondo: è una curiosa coincidenza, che ci diverte e, forse, ci ispira.
Non sappiamo ancora quale sia la natura e il futuro di puntapenna. Ma almeno sappiamo chi non siamo. Non siamo un blog, almeno non nella sua accezione comune . Non inseguiremo la cronaca. Al contrario, ci prenderemo una pausa dalla morbosa rincorsa del presente per riflettere sui fatti del nostro tempo e proporre il nostro punto di vista. Non abbiamo pretese di oggettività, ma cercheremo di mettere in discussione il nostro portato soggettivo, comprese le nostre contraddizioni. E infine ci teniamo a dirlo: non saremo neutrali.