di Fabrizio Bajec

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Nell’autunno del 2018 il movimento dei gilet gialli, dopo aver occupato le rotatorie di varie zone della Francia, sale a Parigi e invade gli Champs Elysées senza deporre alcuna dichiarazione in prefettura. A ogni sabato corrisponde un atto, un’azione di massa come non se ne vedevano dagli anni sessanta del secolo scorso. Nel mirino non c’è l’aumento del prezzo della benzina, ma una più vasta richiesta di giustizia sociale. I primi “atti” danno luogo a pesanti scontri con le forze dell’ordine, scempi cospicui del mobilio urbano nei quartieri più turistici e abitati dalla frangia più ricca della popolazione parigina. Il più bel viale del mondo è coperto di cenere.
Perfino alcuni imprenditori solidali col movimento ammirano un famoso ristorante mentre brucia. I bei quartieri non erano mai stati attaccati in questo modo. Negozi e vetture distrutti, marchi dell’alta moda deturpati, e anche l’Arco di Trionfo napoleonico viene vandalizzato: una scultura che rappresenta la Repubblica è presa a picconate fino a forare l’occhio di quella che poi apparve come un’orribile gorgone urlante di dolore. Sorta di vendetta per le mutilazioni subite dai manifestanti già da qualche anno e che si ripeteranno più avanti (come in Cile l’anno scorso in proporzioni più alte). Passando di lì, qualche istante dopo le devastazioni, non si è colpiti dallo sdegno, ma c’è una sorta di bellezza nell’affronto fatto ai benestanti. Una forma di godimento estetico difficilmente spiegabile. La reazione del governo e delle organizzazioni del lavoro ha consistito nel cedere immediatamente ad alcune richieste. Una famosa telefonata di un capitano di industria invitò addirittura i suoi pari a cedere su ogni punto. Il terrore era salito fino ai piani alti. Un elicottero sembrava già pronto ad atterrare sul palazzo dell’Eliseo per mettere in salvo il presidente. Ma il governo poi tira per le lunghe le trattative, e nel dicembre del 2018 verserà una decina di miliardi, senza modificare l’assetto del “dialogo sociale” né la struttura del sistema decisionale, poco democratico, a detta dei portavoce del movimento. Nel frattempo, si parlerà di nuove lotte di classe, vocabolo desueto che tornerà nel titolo di un fortunato libro del sociologo Emmanuel Todd: Le lotte di classe in Francia nel XXI secolo, letto con curiosità nelle Grandi Scuole. Senza questo movimento il libro non sarebbe mai apparso. Oggi le immagini di ciò che è avvenuto per le strade della Francia negli ultimi due anni hanno fatto il giro del mondo, e non si contano le pubblicazioni, i documentari che illustrano questo fenomeno sociale che prima di spaventare le elite ha avuto il sostegno dell’opinione pubblica, per poi suscitare sempre più avversione e scontento verso un’organizzazione semianarchica che non ha smesso di far capolino, pur vedendo ridotte le schiere dei suoi seguaci. E’ stato detto che i gilet gialli hanno avuto il ruolo del diavolo uscito improvvisamente dalla scatola sorprendendo il potere, per anni adagiato sulle disuguaglianze economiche. Nel 2019 scrissi un lungo componimento ispirato a questi fatti e ospitato dal sito Le parole e le cose. Avevo espunto l’ultima parte, diversa nel tono, e che qui riabilito.
But now I’m safe in the eye of the tornado
Megadeth
sorge e soffia un tornado e aspira
blindati vetture in fiamme
con sirene volanti tutte prese
dalla tromba che strappa le giubbe
dalle schiene risucchia le spranghe
le inudibili grida Tornado
fa che gli uomini gialli piovano
in terra e lì ficcati rimpiazzino
chi li aveva umiliati guardate
volano con i loro attrezzi
piroettano senza più spigoli
assordati dal rombo pregano
il tornado di fare razzia
pareggiando i conti con la crema
la miglior promozione dell’anno
tutto finisce in pezzi liscio
democraticamente travolto
da una strana idea di disastro
con la sua dismisura il tornado
sfonda sradica inclina scassa
ogni cosa chiusa e protetta
bravo Tornado benedetto
sia il tuo avvento sul nostro paese
poiché era insano tra non molto
ci doteremo di un nuovo patto
rivoltando le macerie
inceneriti i mobili e i lustri
di un passato napoleonico
persino al politecnico
studieranno la rivoluzione
l’ora è propizia afferma lo storpio
aspettavo una scelta più forte
della sola guerriglia urbana
Tornado mostra com’è crudele
finire in mutande e spettinati
da una folata ghiaccia sapete
temo che vi azzannino alle spalle
quando il vento si sarà placato
saremo in molti a mordervi
e cibarci delle vostre membra
rosolando tra splendide mura
le spoglie lasciate dal tornado
tutti i giovani rampolli
promessi alla “governanza”
frittura di orecchie e dita
insalata di bulbi gommosi
la vista che ci avete sottratto
con le vostre unità di guardia
questo rammenta e schiuma la bocca
dell’uomo dall’occhio bianco
mentre ciarla di scontro civile
un tempo evitabile è tardi
io lo sento arrivare il tornado
Fabrizio Bajec
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